allo Stade Rochelais Tommaso Boldrini unisce ambizione e senso di appartenenza

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Spinto da una prestazione XXL contro i Blacks lo scorso novembre e da prestazioni piccanti con la maglia dello Stade Rochelais, il centro ha una vera carta da giocare con la squadra francese durante questo torneo.

In origine calciatore, ha scoperto la palla ovale quando si è laureato come preparatore fisico – “laurea magistrale science motorie” – presso l’Università degli studi di Firenze, tra il 2003 e il 2007. Al Firenze Rugby 1931, club con una “città molto sensibile al rugby , con il Calcio Storico (un miscuglio spettacolare di combattimento e sport con la palla, ndr)”, Tommaso Boldrini schiarisce la preparazione fisica, soprattutto con i giovani. “Ho trovato molto spazio lì, ho preso subito il mio piede. Ma nel 2010 la scarpa è diventata troppo piccola: “Mi faceva male il cuore, volevo rimanerci per tutta la vita. Quando l’appartenenza deve cedere il passo all’ambizione.

Attratto dalla Francia

Per fortuna Prato e Cavalieri, società di prima divisione in un “vero campionato semiprofessionale”, sono a 25 chilometri di distanza. In tre anni, assistente poi co-conduttore del “prep”, ha visto tre sconfitte in finale. Nel percorso ha seguito i suoi allenatori nel 2013 al Nord, a Rovigo, istituzione con 14 “scudetti” (titoli) e un “ottimo pubblico”. Un altro “piccolo passo” compiuto, lui è responsabile. Dopo due nuove finali perse, un trofeo nel 2016 non ha placato la sua sete di scoperta. Da diversi anni svolge stage in Francia. Bayonne, Biarritz, Agen, Perpignan… La Francia lo attrae ancora di più perché è la patria del suo compagno, che ha conosciuto a Le Mans nel dicembre 2012, durante il ricevimento post-partita tra Stade Français e Prato. Wink, quella sera posano per la foto con Jules Plisson, ritrovata a La Rochelle.

“Non so se sarò qui tra tre anni, ma non mi spaventa, dà ancora più valore a quello che faccio”

Nel 2013-2014 Mirco Bergamasco lo ha incoraggiato a contattare il suo ex agente, che ha accettato di far circolare il suo CV, senza garanzie. Michel Colosio, da qualche mese allo Stade Rochelais, si inclina. Quello che ha conosciuto quando ha lavorato con la federazione italiana ha il profilo per un progetto da scavare: inquadrare l’unità di sviluppo, passaggio intermedio tra le Speranze e la Top 14, mentre lavora con i professionisti. Un occhio allo sviluppo, l’altro ad alto livello, “non potrei chiedere di più”.

Nel 2016 si è unito al suo connazionale, un parente – “sono poche le persone che posso ringraziare per quello che sono diventato, ma lui è uno di loro” – ora in UBB. Non ha lasciato i Gialloneri, segno che il suo senso di appartenenza e la sua ambizione sono ancora aggiustati. A proposito di ringraziamento, cita anche “Grégory Alldritt e Pierre Bourgarit, due giocatori emblematici che hanno fatto questo viaggio con me. Ci guardiamo sempre con lo stesso desiderio di allora. Penso che ci siamo riusciti, abbiamo lavorato molto bene. Sono stato in grado di aiutarli, si sono fidati di me. »

“Una professione appassionata”

Con l’arrivo di Jono Gibbes nel 2018-2018, il sistema sta cambiando. È dedicato al 100% ai professionisti, con una specializzazione in velocità. “Il mio sviluppo è ancora in corso. Ho la fortuna, con il personale che si è sviluppato, di lavorare con persone competenti, e quindi di progredire. Spero di portarli lo stesso. È un lavoro appassionato che cresce con l’esperienza. Non so se ci sarò tra tre anni, ma questo non mi spaventa, dà ancora più valore a quello che sto facendo qui e ora”, sottolinea l’italiano. Perché allo Stadium le sue aspirazioni sono servite: “Un club ha delle basi, ma gli uomini decidono cosa diventa. L’ho visto attraversare enormi traguardi. Attrae, che è la mia forza trainante. La sua attrattiva segna le persone che arrivano la prima volta. Non si sbagliano, è iperprofessionale, adattato alla pratica di alto livello e vuole ottenere qualcosa, come il suo presidente. »

E per citare Vincent Merling, “ambizioso, non pretenzioso. Le sconfitte nelle fasi finali le prendo come un successo, perché da quelle devi imparare. Penso che non siamo lontani. A Parigi (nella finale della Top 14, nel 2021, ndr) c’erano giocatori e membri dello staff che erano a metà del Marsiglia (nel 2017). Dà un valore enorme, porta la storia del club. Io voglio aiutare la squadra per quello che vogliamo ottenere insieme. “Senza perdere di vista la voglia di sostenere, “un giorno”, il rugby italiano. Appartenenza e ambizione. Sempre.

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