In Italia, la successione del presidente Mattarella si crogiola nel “giornalismo dietro le quinte”

LETTERA DA ROMA

C’è un genere nella stampa quotidiana italiana che negli ultimi anni ha goduto di una fortuna senza pari: il giornalismo di contesto (in francese: dietro le quinte). L’obiettivo di questo tipo di articoli è quello di ripercorrere, il più vicino possibile ai luoghi del potere, le trattative che vi si svolgono. Per mettere insieme questo tipo di racconto, tutti i mezzi sono buoni: le citazioni anonime sono la norma e se non si sa esattamente come si svolgano gli eventi, non è vietato ricamare un po’… un titolo un po’ orecchiabile et voilà.

Naturalmente, il contesto non corrisponde realmente ai canoni insegnati nelle scuole di giornalismo. A volte, inoltre, si sembra più vicini al romanzo che all’analisi politica. Ma i suoi migliori autori danno l’impressione di conoscere nel dettaglio le trattative più segrete e, nel peggiore dei casi, anche se risulta perfettamente sbagliata o di parte, una lettura di questo tipo non è mai noiosa.

Questo tipo di giornalismo politico molto discutibile ha raggiunto il suo apice nel 2018-19, durante il primo governo Conte. Costituito dall’alleanza del Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio (antisistema) e della Lega di Matteo Salvini (estrema destra), le caratteristiche principali di questo dirigente erano la sua inesperienza e la comunicazione frenetica. Presenti più volte al giorno sui social network, i due vicepresidenti del consiglio di amministrazione hanno anche moltiplicato le interviste su tutti i media, “on” e “off”, ei loro consiglieri non hanno fatto eccezione. Quanto alla comunicazione del Presidente del Consiglio di Gestione, è stata fornita in modo inimitabile da Rocco Casalino, ex candidato per un reality show…

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Comunicazione parsimoniosa

A soli due anni dalla fine di questa esperienza atipica, il cambiamento non potrebbe essere più radicale: il governo Draghi è caratterizzato da una comunicazione precisa e parsimoniosa. Nell’organizzazione messa in piedi dall’ex presidente della Banca centrale europea, i leader di partito sono lasciati a una buona distanza dal cuore del potere, e ogni discorso è calibrato. Quindi, quelli che parlano di più al microfono sono quelli che ne sanno di meno.

Così sembrava che l’età d’oro di contesto era veramente finito. Certo, le discussioni dietro le quinte esistevano ancora, ma era come se, all’improvviso, fossero diventate inaccessibili. Questo contava senza l’avvicinarsi dell’elezione presidenziale, che offre ai dilettanti il ​​tempo libero per dedicarsi, con gioia, all’esercizio.

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