Il regista italiano Giuseppe Rotunno è morto

Ha illuminato i film dei più grandi artisti del cinema italiano. Il suo genio gli ha aperto le porte a una carriera hollywoodiana, ma non ha mai rinunciato a sostenere i maestri del cinema transalpino. Con una rara modestia (da questo punto di vista sarà stato l’anti-Vittorio Storaro, altro genio ma più consapevole del suo talento), ha sempre saputo mettere le sue scoperte e intuizioni al servizio della visione particolare di ogni persona. di questi. Il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno è morto a Roma, sua città natale, domenica 7 febbraio, all’età di 97 anni.

È nato il 19 marzo 1923. Proveniente da una famiglia modesta, ha dovuto trovare rapidamente un lavoro alla morte del padre. È un amico che gli suggerisce di tentare la fortuna a Cinecittà. Si mette al servizio del fotografo Arturo Bragaglia, il cui cattivo umore scoraggia potenziali apprendisti. Svolge diversi compiti, dalla fotografia allo sviluppo. Emigrò, dopo qualche tempo, con l’incoraggiamento del suo datore di lavoro, che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, al dipartimento dei capi operatori. È stato arruolato nell’esercito come fotografo reporter in Grecia. È uno dei soldati italiani che furono tenuti prigionieri dai tedeschi e sarà liberato dagli americani nel 1945.

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Al suo ritorno, ha iniziato a lavorare alle riprese, in particolare regolando le luci sui set, e quindi si è formato sul lavoro. Conosce Aldo Graziati, il direttore della fotografia del neorealismo, di cui diventa assistente. Al momento della sua morte accidentale, Graziati stava lavorando al film di Luchino Visconti, Senso, girato in Technicolor, Rotunno gli succede per alcune sequenze, compresa la performance finale. Visconti gli aveva detto: “Non aspettarti alcun aiuto da me, mostra cosa sai fare!” “ Nel frattempo aveva firmato la sua prima fotografia per Pane, amore, così sia di Dino Risi, con Vittorio De Sica e Sophia Loren, primo film italiano di Cinemascope (1955). Fu subito considerato uno specialista in schermi di grandi dimensioni e colori (ancora raro nella produzione italiana). Vale la pena illuminarlo Tosca, di Carmine Gallone, nel 1956, e La Maja nuda nel 1958, trasferì la produzione americana di Henry Koster con Ava Gardner.

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Rapporto sulla fusione

Nel 1957 firmò la fotografia di Notti insonni, di Visconti. Ha avuto l’idea di cambiare il film in base alla natura delle immagini, realistiche o oniriche, del film. Dobbiamo, gli aveva detto il regista, “Che tutto sia come se fosse artificiale, falso; ma quando si ha l’impressione che sia falso, deve diventare come se fosse vero ”. Lavorerà altre sei volte con l’autore di Amanti diabolici, sei film da allora Rocco e i suoi fratelli (1960) fino a Lo sconosciuto (1967), compreso ovviamente Ghepardo (1963), per il quale il regista lo addestrerà, per prepararlo, in mostre di pittura e negozi di antiquariato.

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