Per contare i libri medievali perduti, gli studiosi usano un modello di biologia

Per contare i libri medievali perduti, gli studiosi usano un modello di biologia

Di solito, quando pubblico un articolo accademico, ricevo un’e-mail da un collega, e basta. La situazione è ancora più grave questa volta…” Rimko Sledink, professore di letteratura medievale olandese all’Università di Anversa (Belgio), ha un’esperienza a cui il suo lavoro non sembrava esporlo: il 17 febbraio ha pubblicato con altri otto ricercatori Articolo in sapere, una delle principali riviste accademiche del mondo, “The Forgotten Books: Application of Unseen Type Models to Cultural Survival”. Da allora abbondano le reazioni, sia per chiedersi, sia per entusiasti o, appunto, per chiarire un seguito al sito che questo post ha aperto con clamore.

Perché la questione è importante. A seguito di tre anni di ricerca, l’articolo afferma di poter valutare il numero di romanzi cavallereschi medievali di cui non abbiamo più traccia. Dà anche dei numeri: il 32% di queste opere (in senso immateriale) sarebbe andato perso, e più del 90% dei manoscritti – la differenza si spiega con il fatto che le opere, prima della stampa, venivano fatte circolare utilizzando più copie, in modo che solo pochi manoscritti sopravvissuti siano sufficienti per introdurci a un numero maggiore di affari. Ma quali sono i testi che sono scomparsi il 90% dei manoscritti? Da un lato, i testi sono diventati “invisibile”spiega Remko Slederink.

Dai contanti ai libri

Tuttavia, la questione della scomparsa è una preoccupazione costante in ecologia, dove sono stati creati i cosiddetti modelli di “specie invisibili” per fornire i mezzi per misurare il numero diSpecie animali e vegetali sconosciute. Questa è stata l’intuizione di Mike Kestimont, professore di scienze computazionali all’Università di Anversa, e Volgert Karsdorp, specialista in evoluzione culturale al Mertens Institute (Amsterdam) nel 2019: qual è l’applicazione di questi modelli nel campo delle opere letterarie? Sono state avviate prove dedicate per testare i metodi esistenti. Uno di loro si è presto affermato come il più potente stimatore della biodiversità Chao1, creato dalla grande statistica taiwanese Anne Chao, che alla fine si è unita al team, uno dei firmatari dell’elemento.

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Poi specialisti in varie lingue europee, come Remco Sleiderink per il francese, hanno avuto il compito di ricercare i vari gruppi. Notano forti discrepanze tra le opere copiate in cento manoscritti conservati e altre trovate solo in uno o due. Asimmetria che traccia una sorta di curva di rarefazione, che la formula matematica del modello Chao1 permette di estendere alla regione “zero” (né copione né opera), per misurarne la diffusione. Ecco come si conta l’invisibile.

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